Non basta il brand per trattenere i talenti

Non basta il brand per trattenere i talenti

di Massimo Morici

In un momento di grandi mutamenti nel settore della consulenza finanziaria, quali sono le motivazioni che trattengono un consulente finanziario dal valutare nuove opportunità e quali, invece, quelle che lo spingono a cambiare casacca?

A questa domanda ha provato a rispondere un recente sondaggio condotto da Start Up Italia, head hunter specializzato in consulenza per ricerca e selezione di consulenti finanziari e private banker, i cui risultati ADVISOR pubblica in esclusiva su questo numero.

Lo studio è stato condotto nel primo quadrimestre del 2018 su un campione di 500 consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede sia del canale bancario (dall’indagine sono stati esclusi gli operatori di un’importante realtà bancaria notoria- mente in crisi) sia delle reti di consulenti finanziari, focalizzandosi in particolare sulle differenze tra le risposte date dai liberi professionisti (gli ex promotori) e quelle dei dipendenti bancari.

Negli ultimi cinque anni le reti di consulenti finanziari (banche specializzate in gestioni di patrimoni o SIM) hanno trovato un nuovo terreno di caccia dove scovare talenti e crescere in termini di masse in gestione: le banche. Complice la crisi del sistema creditizio italiano – ricordiamo il crac dei quattro istituti dell’Italia centrale nel 2015 e delle due popolari venete nel 2017 – e i piani per aumentare la redditività degli istituti (tra chiusure di filiali e pesanti tagli al personale), gli area manager, forti anche delle ingenti risorse messe a disposizione dalle reti per le attività di ingaggio, hanno avuto gioco facile a strappare alle banche direttori di filiale, gestori affluent e private banker, pronti ad indossare lasciare un contratto da dipendente per indossare la casacca di consulente finanziario e portarsi dietro clienti e masse.

Cosa differenzia, quindi, il consulente finanziario che proviene dalle banche dal consulente libero professionista? Con che tipo di professionisti si ha a che fare? Dai risultati si può senz’altro dire che i dipendenti bancari, rispetto agli agenti delle reti, hanno in genere meno esperienza nella gestione del risparmio. Anche la sensibilità verso gli strumenti di lavoro e l’offerta prodotti cambia (e di molto) tra i due canali: i liberi professionisti danno maggior valore alla piattaforma operativa (46% nelle reti dei CF contro il 20% dei dipendenti), alle caratteristiche dei prodotti offerti (54% vs. 36%), al servizio personalizzato al cliente (59% vs. 32%) e alla formazione (44% vs. il 26%).

“I liberi professionisti evidenziano una maggior attenzione alle problematiche della clientela. Considerando gli strumenti di lavoro, si distinguono per l’importanza data al servizio personalizzato alla clientela e alla qualità dei prodotti: solo il 48% dei dipendenti attribuisce grande importanza a questo aspetto e lo considera un fattore di trattenimento nella realtà presso cui si lavora rispetto al 70% dei liberi professionisti. L’offerta prodotti vale anche come fattore di appeal per realtà dove si vorrebbe lavorare ed è considerato un fattore centrale per……

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